2016 - Le consulenti della linea cancro rispondono alle vostre domande


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2016 - Le consulenti della linea cancro rispondono alle vostre domande

Messaggioda admin » mar 1 mar 2016 13:38

Il team della Linea cancro e lieto di rispondere alle sue domande:

Le presenti risposte sono una presa di posizione di carattere generale. Non si può infatti sostituire la consulenza personale con il parere di uno specialista qualificato in medicina. Se in un articolo vengono citati determinati medici, impianti terapeutici o prodotti, ciò non avviene a titolo di pubblicità o di raccomandazione, ma va inteso semplicemente come accenno ad altre fonti informative.

Alcune domande e risposte sono state tradotte in un’altra lingua nazionale. Se dovessero sorgere domande o ambiguità, favorite rivolgervi alle consulenti specializzate della Linea cancro. Numero gratuito 0800 11 88 11 oppure e-mail helpline@krebsliga.ch


Domanda di Fairdinkum:
Esattamente 3 anni fa mi è stato diagnosticato un doppio carcinoma del colon (T2 e T3). In questi 3 anni ho ricevuto, tra l’altro, i seguenti trattamenti:
- 4 anestesie generali (OP CA 7,5 ore, port, ernia ombelicale, ileo da strangolamento dell'intestino tenue)
- 8 narcosi con propofol, la più lunga di 3 ore
- 6 mesi /12 cicli di folfox-4
- 1 angina pectoris (effetto indesiderato della chemio con un nuovo medicamento, dato che avevo reazioni tossiche al folfox).
- 7 TC e qualche radiografia.
Sono psicologicamente e fisicamente in forma, ogni settimana corro per circa 50 km a ritmo cardio, con una frequenza cardiaca di 120 battiti, faccio una vita sana, non mangio carne da più di 20 anni, ci vado piano con caffè e alcol. Valori ematici/TC/colonscopie sono buoni. Prendo unicamente supplementi di vitamine D3 e B12, perché i livelli sono un po’ bassi.
L'effetto indesiderato «normale» della polineuropatia è ancora presente, ma riesco a conviverci tranquillamente. Tuttavia, quella che non scompare è la mia stanchezza/esaurimento e non sono più in grado di svolgere appieno la mia impegnativa attività professionale. Infatti lavoro solo al 20-30%, perché il lavoro di concentrazione stanca in fretta. I medici mi dicono «con tutto quello che ha passato...», ma nessuno è in grado di dirmi se sia «normale» sentirsi sempre così spossati. Vi ringrazio della vostra risposta.

Risposta del team della Linea cancro:
Buongiorno Fairdinkum,
uno dei sintomi concomitanti o degli effetti collaterali più frequenti dei tumori maligni o delle loro terapie è la stanchezza cronica, che i medici chiamano «fatigue». È normale soffrirne.

Si stima che compaia nel 60 fino al 100 per cento dei pazienti durante il decorso del cancro e nel 25 fino al 35 per cento come conseguenza tardiva. Quindi, Lei non è per niente un’eccezione.

Numerosi studi hanno dimostrato che l’esercizio fisico è in grado di ridurre i disturbi causati dalla fatigue. Perciò Lei sta facendo proprio la cosa giusta.

Anche un sostegno psico-oncologico può avere un impatto positivo sui sintomi della stanchezza cronica, quali il rapido affaticamento e la difficoltà di concentrazione sul posto di lavoro. Uno psico-oncologo è specializzato nell’aiutare i pazienti a gestire le conseguenze psicologiche di un tumore. La Sua
«lega regionale contro il cancro» o il Suo oncologo Le forniranno gli indirizzi degli specialisti.

Il nostro opuscolo
«Senza forze» è rivolto alle numerose persone che, come Lei, soffrono di fatigue.


Domanda di Anita:
Buongiorno caro team di esperti.
Dopo una biopsia, ieri la mia ginecologa mi ha detto che le alterazioni dei tessuti del collo dell’utero sono ora all’ultimo stadio prima del cancro. Questo «problema» delle alterazioni dei tessuti mi accompagna già da un paio d’anni, ma negli ultimi tempi sembra che la situazione sia peggiorata a tal punto da costituire una seria minaccia di diventare maligna.
La mia ginecologa non mi ha consigliato di rimuovere l’intero utero; basterebbe asportare il tessuto colpito, in particolare perché l’utero ha una funzione di sostegno e non può essere tolto senza conseguenze. Inoltre, ho visto una fotografia della regione interessata, fatta durante la biopsia: si riconosce ancora il filo della spirale con intorno il tessuto alterato di colore biancastro.
La mia domanda: è davvero sufficiente la sola asportazione del tessuto colpito? Non sarebbe meglio rimuovere tutto l’utero? (Ho 50 anni, questa è la mia prima esperienza personale con un cancro, anche se la mia famiglia è già stata colpita: nonni, cancro polmonare, leucemia, ecc. Non ho figli e non intendo averne).

Risposta del team della Linea cancro:
Buongiorno Anita,
il campione di tessuto prelevato tramite biopsia dal collo dell’utero ha mostrato che Lei ha un’alterazione del tessuto, una cosiddetta displasia, in stadio più avanzato rispetto a prima e adesso è più alto il rischio che si possa sviluppare un cancro. La Sua ginecologa Le consiglia di asportare la porzione di tessuto colpito con un intervento chirurgico. Lei ci chiede se sia davvero sufficiente asportare solo il tessuto malato o se non sia meglio togliere tutto l’utero.

In qualità di collaboratrici di un’istituzione non medica non possiamo rispondere a questa domanda. Possiamo però darle alcune informazioni per aiutarla a prendere una decisione.

Le alterazioni dei tessuti del collo dell’utero sono causate in primo luogo da un’infezione da virus del papilloma umano, abbreviato HPV. L'intervento chirurgico consiste nell'asportare un cono di tessuto contenente la parte colpita, per questo viene chiamato in gergo tecnico «conizzazione». La conizzazione non può prevenire una nuova infezione da HPV né nuove alterazioni di alto grado delle cellule del collo dell’utero. Tuttavia, sappiamo per esperienza che il 93 per cento delle donne colpite dopo essersi sottoposte a questo intervento non subisce ulteriori alterazioni dei tessuti, per ragioni non ancora chiarite.

Queste informazioni Le sono utili oppure si sentirebbe più sicura con un’asportazione totale dell'utero? In quest’ultimo caso La invitiamo a discuterne con la Sua ginecologa,
per valutare attentamente l’opzione chirurgica più adatta al Suo caso.



Domanda di Gilberta
Nel mese di novembre mi sono fatta fare un Diep Flap, cosa di cui non mi pento affatto! Ora però non appena mangio qualcosa del volume di circa 3 dl, il ventre preme fortemente verso l'esterno e devo sdraiarmi per farlo sgonfiare o addirittura portare per un’ora il cinto addominale che ho dovuto mettermi per sei settimane dopo l'operazione. È l’unico modo per stare di nuovo bene. Prima dell'operazione non mi succedeva. Lo so perché sono piuttosto snella e lo ero anche prima dell'operazione. La parete addominale ha perso forza? Se mangio poco o se non mangio niente non ho problemi. Che cosa posso fare? C'è un allenamento specifico? Grazie mille della vostra risposta.

Risposta del team della Linea cancro:
Buon giorno Gilberta
È bello che nonostante i problemi digestivi non si penta di essersi fatta ricostruire il seno!
Il suo seno è stato ricostruito con tessuti prelevati tra l'ombelico e il pube; si tratta di pelle e pannicolo adiposo. La sensazione di tensione che sente dopo mangiato è dovuta probabilmente alla ridotta elasticità dell'addome in seguito alla ricostruzione del seno.
Con la tecnica DIEP-Flap non si asportano tessuti della muscolatura addominale per integrarli nel seno. Il muscolo retto dell'addome non viene leso. Pertanto i suoi disturbi non sono da ricondurre a una debolezza della parete addominale e non diminuirebbero allenando i muscoli addominali.
Si metta in contatto con il chirurgo plastico che l'ha operata e gli descriva il suo problema: potrà darle consigli specifici e adeguati al suo caso.



Domanda di patca18
Salve,
Mia madre: 65 anni. Ottobre 2015: forte nausea, 10 giorni d'ospedale in attesa che qualcuno la prenda sul serio. Improvvisamente, denutrizione. Infine scoperto tumore del pancreas, trasferimento al CHUV. Rinutrizione per 1 mese... Novembre 2015: operazione di Whipple, tumore completamente asportato. 1 settimana dopo, 1 sutura allentata, operazione d'urgenza, forte emorragia, choc settico. 2 settimane alle cure intensive, respirazione artificiale, in pericolo di vita. Dicembre 2015: esce da questo incubo, spirito battagliero! Lunga e difficile convalescenza. Nel frattempo ci comunicano che si tratta di cancro del pancreas, 4 linfonodi su 25 prelevati sono colpiti. Lei non sa niente, è ancora troppo debole. Febbraio 2016: ancora al CHUV, ascessi sotto la cicatrice. È rientrata in possesso delle sue funzioni, è cosciente. Ma ci rifiutano di vedere degli oncologi finché è ospedalizzata. Si perde tanto tempo, non so come fare per farci sentire e andare avanti ....

Risposta del team della Linea cancro:
Salve patca18,
la situazione che vive è estremamente difficile. Lo stato di salute di sua madre la preoccupa molto come anche i vari incidenti medici dei quali si sarebbe fatto volentieri a meno. Le fa molto male vederla soffrire così. A tutto ciò si aggiunge il fatto che lei vive con il segreto di conoscere la diagnosi dello stato di salute di sua madre, mentre lei la ignora.
L’operazione cui sua madre si è sottoposta è importante. Gli esami svolti prima dell'operazione e l'analisi dei linfonodi hanno rivelato la presenza di un cancro del pancreas.
Il primo trattamento oncologico di sua madre è stato l'operazione. Prima di avviare un secondo trattamento oncologico occorre attendere una buona cicatrizzazione della ferita operatoria, che gli ascessi si riassorbano e guariscano e che sua madre riacquisti un po' di forze.
L’attesa è lunga ed è duro sentirsi impotenti ed avere l'impressione che si stia perdendo del tempo.
Per riuscire a superare meglio questo periodo, domandi a sua madre cosa può fare per lei, cosa le farebbe piacere e nei limiti del possibile esaudisca i suoi desideri. Per alleggerire la situazione può bastare un semplice massaggio ai piedi o leggerle qualcosa ad alta voce.
Auguriamo forza, coraggio e pazienza a Lei e a sua madre.
Cordiali saluti.



Domanda di dansta
Un anno fa mi è stato asportato un tumore maligno con conservazione del seno. Oggi ho ancora dolore (una fitta al seno, a intermittenza anche un dolore bruciante). I medici mi dicono che andrà meglio. Ma per quanto tempo si può considerare ancora normale? Dopo aver cessato la terapia con tamoxifene mi è stato prescritto Arimidex. I dolori alle articolazioni a volte sono fortissimi. Ma non voglio prendere analgesici. C'è qualcosa che può alleviare il dolore? Che esperienza hanno avuto altre persone nella mia situazione?

Risposta del team della Linea cancro:
Dall'asportazione del tumore soffre di dolore nella mammella operata. Inoltre ha dolori articolari per i quali dà la colpa all'assunzione di Arimidex. È alla ricerca di misure non farmacologiche per alleviare il dolore e vorrebbe sapere come altre donne gestiscono il dolore.
Ci sono pazienti che provano metodi della medicina complementare. Altre pazienti trovano modi di gestire il loro dolore mediante tecniche meditative, esercizi di rilassamento e di mindfulness, per esempio con la mindfulness stress reduction therapy (MBSR).
Gli istituti elencati di seguito offrono consultazioni a persone malate di cancro che intendono migliorare con le proprie forze la loro qualità della vita:
-
Istituto di medicina complementare di Berna
- Istituto di medicina complementare e integrativa di Zurigo
- Centro di medicina integrativa di San Gallo
La Clinica Schützen offre un sostegno stazionario e assistenza nella gestione del dolore.
La Clinica Arlesheim
segue un indirizzo antroposofico .


Domanda di geomud
Buongiorno,
Un mio vecchio collega di 59 anni è in cura da una quindicina d'anni per una carenza di piastrine nel sangue. Gli sono state fatte diverse trasfusioni. Da due mesi e mezzo è ricoverato in un ospedale della regione di Parigi per un grave malessere. Ha avuto due crisi epilettiche, non mangia più, gli manca l'appetito ed è in trattamento per un'epatite. Sembra che abbia anche un ematoma nella scatola cranica. Secondo i medici il suo stato è complicato, con un degrado generale, ma non ho potuto ottenere ulteriori dettagli. I suoi genitori sono molto anziani e lo visitano ogni giorno. Sono preoccupato del suo stato di salute, potreste darmi informazioni sui suoi sintomi?
Grazie mille, G.M

Risposta del team della Linea cancro:
Buongiorno,
ci ha scritto perché si preoccupa del suo vecchio collega e desidera informazioni sui suoi sintomi.
Una carenza di piastrine nel sangue (trombocitopenia) può avere diverse cause.
Per esempio una malattia del midollo osseo, una malattia del sistema immunitario, un'infezione da HIV, una leucemia, una carenza di vitamina B12 o l'assunzione di determinati medicamenti: quest'elenco non è esaustivo.
A seconda della sua gravità, una trombocitopenia può essere il segno di un peggioramento di una malattia esistente. È questo il caso del suo collega?
Sotto un certo livello di piastrine insorge un rischio di emorragie gravi e imprevedibili. Forse questo potrebbe spiegare l'ematoma cranico del suo collega.
Come vede, possiamo solo formulare supposizioni sulla causa di parte dei disturbi del suo collega. Poiché non siamo un servizio medico, non possiamo fare una diagnosi né raccomandare alcun trattamento e in nessun caso possiamo sostituire un colloquio con il medico.



Domanda di angela
Buongiorno.
Mia madre ha un mesotelioma pleurico maligno. Ha fatto un intervento di talcaggio pleurico e da questo è stato diagnosticato il tumore. Ora sta facendo la chemio...ne ha fatta una sola e il 7/7 deve fare la seconda. Ho paura...sono riuscita a reggere tutti questi mesi, da aprile ad oggi, per sbrigare tutti i giri, medici, asl, inps, per fare tutto insieme alle mie 2 sorelle e riuscire a non dire tutta la verità a mia madre, vedova e molto ansiosa. Per evitare che potesse cadere in depressione...per starle vicino senza farla preoccupare piu' di tanto. Ci siamo tenute tutte dentro, parlando tra di noi di nascosto e annullandoci per tutto e tutti. Da aprile esiste per tutte solo il lavoro e mamma...e ora ho questa paura costante che mi attorciglia le budella, che non mi fa dormire, che mi rende ansiosa SEMPRE malgrado le valeriane, le gocce di fiori di Bach e la fatica......non riusciamo a staccarci, a fare nulla se non lo stretto indispensabile per lavorare e poi mamma

Risposta del team della Linea cancro:
Buongiorno Angela,
da tre mesi, insieme alle Sue due sorelle, porta il peso della malattia della madre e la costante preoccupazione di proteggerla dalla “verità” per preservarne l’equilibrio psichico. Lavorate tutt’e tre e non potete contare sull’appoggio di vostro padre perché è deceduto. Lei prende rimedi naturali contro l’ansia e l’insonnia. Si sente oberata e molto affaticata. La Sua vita ruota tutta attorno ai problemi di salute di Sua madre. Questa è una situazione molto difficile che, a lungo termine, La potrebbe portare all’esaurimento psico-fisico. È molto positivo il fatto che si sia attivata, scrivendo sul forum della Lega svizzera contro il cancro, per dare sfogo al Suo disagio.

Innanzitutto le Sue righe illustrano molto bene come ci si può sentire quando qualcuno a cui vogliamo bene – un caro amico o un parente – si ammala di cancro. In altre parole: non è sola, la maggior parte di coloro che hanno una persona cara affetta da una malattia oncologica ci riferiscono che stanno attraversando le stesse Sue difficoltà.

Taluni trovano conforto nelle occasioni d’incontro e di scambio offerte dai gruppi regionali di autoaiuto per familiari di malati di cancro. Tal altri usufruiscono di un sostegno psiconcologico, ossia sono seguiti da un professionista che offre loro il suo ascolto attivo e li aiuta a inquadrare la loro situazione nella giusta prospettiva nonché ad attivare le loro risorse personali e sociali per far fronte alle difficoltà legate alla malattia del loro caro malato di cancro.

Altri ancora preferiscono parlare delle proprie difficoltà legate alla malattia del loro caro con una persona esterna alla loro famiglia e alla loro cerchia di amici, neutra, che non li vede, vincolata al segreto professionale e telefonano al numero gratuito 0800 11 88 11 della Linea cancro, uno spazio d’accoglienza e di ascolto dedicato alle persone che affrontano il cancro, sia come pazienti sia come familiari e amici.

Chi abita in Italia, può rivolgersi
all’Associazione italiana malati di cancro, parenti e amici .


Domanda di Sirene:
Mia madre ha un tumore allo stomaco. Dopo l'asportazione completa dello stomaco, un anno e mezzo fa, ha dovuto cambiare alimentazione. Se cucina lei stessa o un membro della famiglia (molti prodotti freschi, corretta composizione degli alimenti, nessun cibo precotto, niente conservanti, molta insalata, frutta, verdura, pasti contenenti proteine....) riesce a mantenere il peso, cosa per lei molto importante. Un problema è costituito dai soggiorni in ospedale o nelle case di cura. Nonostante mia madre sappia esattamente quello che dovrebbe mangiare, in una casa di cura non si può tener conto dei suoi desideri. Ciò costituisce un grosso problema, ultimamente in uno di questi soggiorni di cura ha perso ben 3 kg di peso. E questo per giunta durante la convalescenza seguita a un infortunio. Se per noi familiari è difficile accettarlo, per la salute di mia madre è assolutamente dannoso. Esistono case di cura e di convalescenza specializzate nell'alimentazione specifica e che offrono cibi sani preparati di fresco (eventualmente anche dietro pagamento supplementare)?

Risposta del team della Linea cancro:
Buongiorno,
dopo l'asportazione dello stomaco, per sua madre è importante mantenere il peso corporeo.
La ricerca tramite
SwissReha , un'associazione di cliniche di riabilitazione in Svizzera ha dato i seguenti risultati: la clinica Arlesheim offre una cucina genuina . Anche nell'ospedale Paracelsus , per esempio, si offre un'alimentazione equilibrata e orientata alle esigenze dei pazienti.
S'informi se il piano alimentare di sua madre può essere rispettato in una di queste due cliniche e se per lei vi sia prescritto un soggiorno.
Nella regione di Berna si sta costituendo un
gruppo di autoaiuto per persone che non hanno più lo stomaco dopo l'asportazione del cancro („Magenlos nach Krebsoperation“ ). Magari la discussione con altre persone con la stessa problematica può fornire informazioni su esperienze positive con case di cura e di convalescenza.
Cordiali saluti



Domanda di Dolores:
Mio padre ha un tumore della laringe. Quattro mesi fa gli è stato asportato e da quel momento ha una tracheostomia. La prognosi iniziale era di 2-6 mesi di vita, ma come sempre ci sono (per così dire) anche dei «miracoli», dipendenti dall'efficacia della terapia. Da tre settimane è sottoposto a radioterapia (da una a due volte al giorno), in totale sono pianificate 64 sedute. Alla nostra domanda sugli esiti della terapia, abbiamo ricevuto la risposta: «Nessun cambiamento». Ma cosa significa? Ieri durante la radioterapia ha perso sangue. Non è prevista una chemioterapia. Dobbiamo davvero rassegnarci all’idea che non ci sia più niente da fare?

Risposta del team della Linea cancro:
Buongiorno Dolores,
comprendiamo bene la Sua preoccupazione per Suo padre. I sanguinamenti durante la radioterapia non sono necessariamente associati a una crescita del tumore. Per esempio possono essere causati dalle radiazioni stesse. L'importante è che Suo padre comunichi al radio-oncologo responsabile di aver sanguinato durante o dopo il trattamento. Eventualmente, potrebbe essere necessario adattare la terapia.

Il posizionamento esatto viene costantemente controllato durante la radioterapia. Vengono eseguite anche regolari radiografie di controllo. Questi controlli sono utili per la sorveglianza tecnica ma non servono a verificare che la terapia sia efficace. In genere, un esame conclusivo di conferma viene effettuato solo alla fine della radioterapia ed è seguito da vari esami di controllo, poiché l'effetto delle radiazioni si manifesta solo dopo qualche settimana.

Non ho i mezzi per giudicare fino a che punto è avanzato il tumore di Suo padre. Nei pazienti con cancro in stadio avanzato, per i quali non si può più contare su una guarigione tramite una terapia standard – tra cui la radioterapia, spesso combinata con una chemioterapia – si può cercare di ottenere almeno un arresto o un rallentamento della progressione della malattia.



Domanda di Isa:
Buongiorno, avrei una domanda sul cancro al polmone. Io non ho mai fumato perché sono asmatica sin dall'infanzia, ma fino all’età di 20 anni ho vissuto in una casa situata in una regione ad alta concentrazione di radon. So che il radon causa un aumento del rischio di tumore dei polmoni. La mia domanda è: dato che mi sono trasferita da molti anni in una zona senza radon, il rischio di cancro torna a diminuire con il tempo (come quando si smette di fumare) o no? Grazie mille di una vostra risposta perché non sono riuscita a trovare informazioni sull’argomento.

Risposta del team della Linea cancro:
Buongiorno Isa
è come per le sigarette: se a lungo termine si riduce l'esposizione al radon, si riduce anche la dose accumulata nei polmoni e di conseguenza il rischio di sviluppare un cancro.
Il rischio di tumore polmonare dipende dalla dose alla quale una persona è esposta e dalla durata dell'esposizione.
Gli studi (retrospettivi!) sul radon furono condotti esaminando l'esposizione dei minatori. In seguito a questi studi, nel 1987 il
Centro internazionale di ricerca sul cancro (CIRC) ) ha riconosciuto il radon come agente carcinogeno polmonare per gli esseri umani, sulla base di una doppia serie di dati: gli studi sperimentali sugli animali e gli studi epidemiologici sui minatori delle miniere d'uranio.
Un'esposizione elevata e di lunga durata aumenta il rischio di cancro al polmone. Questa correlazione è di tipo lineare, ossia, il rischio aumenta in misura proporzionale al tasso di radon.
Secondo le raccomandazioni dell’
Organizzazione mondiale della sanità e dell’UFSP , per esposizione elevata in un'abitazione s’intende una concentrazione di radon superiore a 300 Bq/m3.
Ciò nondimeno, a nostra conoscenza non esistono studi che dimostrino una relazione lineare tra un'esposizione bassa e il cancro del polmone.

Lei scrive di aver vissuto in una casa costruita in una regione ad alta concentrazione di radon. Su quali dati basa la Sua affermazione?
- È stato misurato il tasso di radon nei locali in cui abitava?
- In modo sistematico? In quale periodo dell'anno? Con che frequenza?
- Sono stati eseguiti lavori per ridurre l'esposizione? (p. es.: impermeabilizzazione di pavimenti o fessure nei locali/nell'abitazione?
- Sono state eseguite misurazioni nel luogo dell'odierna abitazione?

Se i valori misurati nella vecchia casa non superavano i 300 Bq/m3, il Suo rischio di cancro polmonare, secondo le attuali raccomandazioni internazionali, non è più elevato che per il resto della popolazione svizzera. Per contro, se il tasso era superiore (confermato da misure regolari e da un organismo autorizzato) sarebbe raccomandabile sottoporsi a controlli e parlarne con il medico curante.

A questo
link nel sito web della LSC trova informazioni generali sul radon.


Domanda di Sultan:
Mia madre ha un tumore alle paratiroidi e non vuole farsi operare. Per non essere un peso per noi figli ci ha nascosto la sua malattia. È una donna amorevole e iperprotettiva, che si è sempre occupata di tutti tranne che di se stessa. Abita da sola e non ha la possibilità di chiedere aiuto. Qualcuno ha esperienza in merito a quello che possiamo aspettarci? Non riesce ancora ad accettare la malattia, minimizza tutto.

Risposta del team della Linea cancro:
Buongiorno Sultan
Lei e Sua madre vi trovate in una situazione difficile. Veder soffrire una persona cara e non riuscire ad aiutarla fa male. Nell'opuscolo
«Accompagnare un malato di cancro» trova informazioni che possono esserle utili a gestire la situazione.
Il primo passo alla ricerca di aiuto l’ha già fatto scrivendoci.
Desidera sapere cosa può aspettarsi. È difficile da sapere. L’importante è parlare apertamente con Sua madre. Le chieda come può aiutarla concretamente.
La diagnosi di cancro è sempre uno shock per chi la riceve. Prima di «accettarla» una persona passa attraverso diverse fasi, come nell’elaborazione di un lutto. La persona colpita è triste per la propria salute, deve confrontarsi con la malattia e altro ancora. Nell’opuscolo
«Quando anche l’anima soffre» (disponibile in tedesco) viene descritto cosa succede nell’animo di una persona dopo che ha ricevuto la diagnosi di cancro.
Descrive Sua madre come una «donna iperprotettiva che si è sempre occupata di tutti». Spesso proprio queste persone hanno maggiori difficoltà a chiedere aiuto e sostegno. Può aiutare Sua madre lasciandole tempo, ascoltandola e mostrandole che Lei è al Suo fianco.



Domanda di Muschka:
Mi potete indicare in quale ospedale mio figlio (50 anni) può trovare la consulenza più competente riguardo a vie biliari, cistifellea e pancreas? Attualmente, è all'ospedale di Baden e sente di non essere trattato con la sufficiente competenza, poiché riceve diagnosi non chiare e proposte di trattamento discutibili. Ha una stasi biliare situata nel dotto comune del pancreas e della bile. Per venerdì è pianificata l’inserimento di uno stent. Il medico curante ha detto a mio figlio: «La cosa migliore è rimuovere la cistifellea e parte del pancreas, perché questi stent tengono al massimo per due-tre mesi». Con questa sola affermazione e senza ulteriori spiegazioni, il medico ha terminato il colloquio perché doveva fare una telefonata. Dopo l’impianto dello stent mio figlio desidererebbe chiedere un secondo parere. Quale ospedale potete consigliarmi? Grazie della vostra risposta. Cari saluti da una madre preoccupata!

Risposta del team della Linea cancro:
Buongiorno Muschka
Suo figlio soffre di una stasi biliare ed è in attesa dell’inserimento di uno stent. Lo stent consiste in un piccolo tubicino (endoprotesi) collocato per via endoscopica nel dotto biliare ostruito per assicurare il deflusso a lungo termine della bile. Tuttavia nella maggior parte dei casi questo intervento è solo una terapia che rimuove un disturbo, sui trattamenti previsti in seguito e sulla necessità di eseguirli può dare spiegazioni solo il medico curante. Spesso un colloquio di chiarimento con i medici aiuta ad abbattere qualche difficoltà passeggera.
Comprendiamo bene la Sua preoccupazione per Suo figlio. Dopo la posa dello stent, ha tempo per richiedere un secondo parere. Per questo tipo di consulenza, la Lega svizzera contro il cancro raccomanda i centri di medicina dei tumori degli ospedali universitari. Se desidera, possiamo inviarle per e-mail un elenco non esaustivo con gli indirizzi dei centri per i tumori in Svizzera.



Domanda di Sonne:
Sono stata operata due volte al seno preservando la mammella, in seguito ho ricevuto una chemioterapia e all’inizio di settembre 2016 ho terminato anche la radioterapia. La dottoressa riteneva che sei giorni dopo avrei già potuto ricominciare a lavorare. Questa cosa mi stressa, non sono ancora pronta ad accogliere i clienti. Ho ancora bisogno di recuperare, di trascorrere un periodo lontano da medici e ospedali. La dottoressa non può farmi un certificato di malattia?

Risposta del team della Linea cancro:
Buongiorno Sonne,
Comprendo benissimo che, dopo tutti gli strapazzi della terapia e del dover affrontare sempre qualcosa, Lei ha bisogno di tempo per se stessa e di un momento di pace per ritrovare il ritmo della propria vita. È inoltre comprensibile che Lei voglia ristabilirsi prima di riprendere l’attività lavorativa. Ha un’idea di quanto tempo le potrebbe servire per essere di nuovo pronta a ricevere i clienti?
Ne parli con la Sua dottoressa, Le spieghi la situazione. Lei sa quanto possono essere dure le terapie, per il fisico e per la mente, e si dimostrerà sicuramente comprensiva prescrivendole, prevedibilmente, un periodo d’inattività lavorativa.
Altre riflessioni che potrebbe fare sono, per esempio: ha bisogno di aiuto per il Suo reinserimento nella vita lavorativa? Un periodo transitorio di lavoro a tempo parziale Le consentirebbe di rientrare in modo più morbido sul posto di lavoro? Il Suo datore di lavoro sarebbe disposto a concederle di riprendere l’attività a tempo parziale?
Non esiti a telefonarci. Noi collaboratrici della Linea cancro siamo sempre pronte a discutere dei Suoi problemi e a offrirle un sostegno. Siamo raggiungibili da lunedì a venerdì, dalle 9.00 alle 19.00, al numero di telefono 0800 11 88 11.

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