Messaggioda admin » mar 8 mar 2022 13:45
Domanda di B. F.
Egregio Dottor Notter,
all’inizio di febbraio 2022, a mio padre (1963) è stato diagnosticato un glioblastoma nel centro del linguaggio. È già stato operato ed è stato possibile rimuovere il 95% del tumore. Tra breve lo attendono una chemioterapia e una radioterapia secondo il protocollo Stupp.
Perché i glioblastomi non sono irradiati con protoni (invece che con fotoni) all’Istituto Paul Scherrer?
Con questa tecnica si può aumentare la dose di radiazioni che agisce sul tessuto tumorale, riducendo nel contempo l’esposizione del tessuto sano.
Risposta del Dr. med. Markus Notter, specialista in radio-oncologia
Egregio o Egregia B.F.,
I protoni sono particelle del nucleo atomico con carica positiva che possono essere portati a energie elevate in un acceleratore ad anello e sono utilizzati da più di 70 anni a scopi terapeutici. Questa cosiddetta «terapia adronica» presenta il vantaggio che, a seconda della loro energia iniziale, le particelle sono frenate in una frazione di tempo relativamente breve all’interno dell’organismo e quindi agiscono in un'area molto ristretta. Per piccoli processi ben delimitati, come ad esempio alcuni tumori degli occhi, questa tecnica presenta enormi vantaggi, poiché consente di distruggere il tumore senza perdere l'occhio. Malgrado questi successi noti da tempo, la terapia con protoni non si è affermata poiché il suo grande svantaggio è l'effetto troppo circoscritto: «o tutto o niente», similmente a un'asportazione chirurgica. I tumori maligni come i glioblastomi si diffondono nel tessuto circostante e quindi i loro confini non sono delimitati con precisione, altrimenti si riuscirebbe meglio anche ad asportarli completamente. Attraverso il frazionamento, ossia la suddivisione della dose complessiva necessaria in molte piccole porzioni, è possibile evitare di superare la tolleranza dei tessuti sani sfruttando il fatto che le cellule tumorali sono più sensibili alle radiazioni. Questo meccanismo, però, non è applicabile alla terapia con protoni, mentre la «classica» terapia con fotoni può raggiungere esattamente lo stesso risultato con una pianificazione nettamente migliore, più economica e che tiene conto del movimento. I tentativi eseguiti nel passato di una terapia adronica del glioblastoma con dosi ancora più elevate hanno dovuto essere interrotti a causa dei gravi effetti indesiderati senza alcun vantaggio apparente. Di conseguenza, la terapia con protoni rimane limitata a pochissime indicazioni. Questi casi sono inviati all’Istituto Paul Scherrer da tutta Europa.