2015 – Cancro della tiroide


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2015 – Cancro della tiroide

Messaggioda admin » mer 1 apr 2015 10:46

Il Professor Christian A. Seiler, medico primario e specialista di chirurgia viscerale FMH all'Inselspital di Berna, risponde alle vostre domande:


Le presenti risposte sono una presa di posizione di carattere generale. Non si può infatti sostituire la consulenza personale con il parere di uno specialista qualificato in medicina. Se in un articolo vengono citati determinati medici, impianti terapeutici o prodotti, ciò non avviene a titolo di pubblicità o di raccomandazione, ma va inteso semplicemente come accenno ad altre fonti informative.

Alcune domande e risposte sono state tradotte in un’altra lingua nazionale. Se dovessero sorgere domande o ambiguità, favorite rivolgervi alle consulenti specializzate della Linea cancro. Numero gratuito 0800 11 88 11 oppure e-mail helpline@krebsliga.ch



Domanda di liam13:
Buongiorno,
mi è stato diagnosticato un carcinoma follicolare minimamente invasivo. Dopo due interventi chirurgici, ora è prevista una terapia con iodio radioattivo. Prognosi? Per ora sono stati esaminati solo i linfonodi del collo: nessuna metastasi. Sono molto preoccupata che il tumore si sia propagato! Se così fosse, quanto è efficace la terapia con iodio radioattivo? In quale zona del corpo potrebbe propagarsi più facilmente? Continuerò ad essere preoccupata fino a quando non sarò in grado di trovare il giusto dosaggio degli ormoni (tachicardia, tremolio …); quanto cambierà la nostra vita? Vorremmo anche avere bambini. È possibile averne dopo una terapia con iodio radioattivo? È vero che dopo la radioterapia è necessario tenersi a distanza per 2 settimane da bambini piccoli e donne incinte?

Risposta del Professor Seiler:
Buongiorno liam13,
purtroppo le informazioni che ci ha fornito sono molto vaghe per effettuare una valutazione precisa.

In generale, i carcinomi della tiroide (salvo alcune eccezioni) sono tumori estremamente poco aggressivi, con normale se non addirittura ottima prognosi (come nelle persone sane), che possono essere trattati con ottimi risultati.
Prima della terapia con il iodio radioattivo viene eseguita una scansione di tutto il corpo in grado di rilevare eventuali metastasi in maniera estremamente efficace. Qualora si confermasse la presenza di metastasi, la terapia con iodio radioattivo è in grado di distruggerle in modo assai efficace, in quanto si tratta di una cura molto selettiva che si concentra esclusivamente sulle cellule (tumorali) della tiroide ovunque esse si trovino nel corpo. Trovare il giusto dosaggio degli ormoni è semplice, all’inizio sono tuttavia necessari ripetuti controlli effettuati da un endocrinologo o da un medico di famiglia. Dopo qualche settimana la concentrazione del medicamento nel sangue si dovrebbe essere stabilizzata. In seguito è necessario sottoporsi a occasionali controlli. Una volta che la situazione si è stabilizzata, non dovrebbero insorgere effetti collaterali.
La malattia NON pregiudica in alcun modo il suo stile di vita (ad eccezione della terapia). Potrà pertanto condurre una vita del tutto normale e senza limitazioni. Ciò significa che potrà anche avere bambini. È tuttavia consigliabile di aspettare un po’ prima di rimanere incinta. La terapia con iodio radioattivo non riduce in alcun modo la fertilità, tanto meno aumenta il rischio di danni al patrimonio genetico. Per sicurezza è tuttavia opportuno attendere sei mesi prima di rimanere incinta. Passato questo periodo, non ci sono più riserve in merito ad una gravidanza.
Per alcuni giorni dopo la terapia rimangono nel corpo piccole quantità di iodio radioattivo, motivo per cui va evitato il contatto con donne gravide. Poiché i bambini piccoli sono più suscettibili alle radiazioni rispetto a quelli più grandi, va limitato anche il contatto con i bimbi di età inferiore ai dieci anni (limitare lo scambio di tenerezze e non portarli troppo tempo in braccio). Questo vale soprattutto per bambini fino ai due anni d’età. Per un certo periodo di tempo è consigliabile limitare anche il contatto fisico con altre persone. Per informazioni più dettagliate, si raccomanda di rivolgersi al medico di reparto al momento della dimissione dall’ospedale. Una distanza di due metri è sufficiente.



Domanda di UdoS:
Egregio dottor Seiler, 12 anni fa mi è stata asportata la ghiandola della tiroide e da allora assumo Euthyrox 125. Volevo sapere se esistono studi che dimostrano che l’assunzione di levotiroxina sodica a lungo termine può avere conseguenze negative sul sistema cardiocircolatorio. In caso di risposta affermativa, cosa dicono questi studi? Molte grazie fin d’ora della sua risposta.

Risposta del Professor Seiler:
Buongiorno UdoS,
il Suo corpo non è più in grado di produrre l’ormone tiroideo, ovvero la tiroxina, a causa dell’asportazione della tiroide. Questo ormone deve pertanto essere sostituito da pillole che dovrà assumere durante tutta la Sua vita. Il principio attivo contenuto nel Euthyrox, ossia la levotiroxina sodica, è identica alla tiroxina naturale. Nelle fasi iniziali del trattamento ormonale della tiroide va controllato a brevi intervalli il livello dell’ormone nel sangue. Una volta che il livello del medicamento nel sangue si è stabilizzato, basta sottoporsi a occasionali controlli effettuati dall’endocrinologo o dal medico di famiglia.
Nei pazienti che hanno trovato il giusto dosaggio non sono noti effetti collaterali, né a livello cardiaco né a livello circolatorio.
Ricordo ancora una volta che il medicamento non è altro che una perfetta «copia» della sostanza prodotta dalla tiroide (!), senza la quale il corpo subirebbe dei danni e non sarebbe più in grado di funzionare.

In caso di sovradosaggio del farmaco possono comparire sintomi quali una iperfunzione della tiroide: tachicardia, tremolio, inquietudine ecc.



Domanda di Ella:
Buongiorno Signor Professore,
per caso ho letto la sua rubrica «L’esperto risponde». O forse non è un caso? Molti anni fa, a mia nonna comparve un gozzo e dovette sottoporsi a un intervento chirurgico. Dopo l’operazione si sentì meglio. Purtroppo nessuno sa dirmi se si fosse trattato di un tumore. Da un po’ di tempo soffro di raucedine e deglutendo ho spesso l’impressione di avere un nodo in gola. Inoltre, mi sono improvvisamente accorta di avere un gonfiore sotto il mento e più precisamente sul lato destro della gola. Spesso ho l’impressione di essere fissata; quando vedo il gonfiore però inizio a preoccuparmi. Cosa devo fare? In generale godo di buona salute e per questo motivo presso la cassa malati ho optato per una franchigia più elevata.
Ringrazio già fin d’ora per una risposta in tempo utile.

Risposta del Professor Seiler:
Buongiorno Ella,
Lei soffre da tempo di raucedine, al deglutire ha inoltre l’impressione di avere un nodo in gola e sul lato destro ha constatato di avere un gonfiore. Questi sintomi non sono necessariamente dovuti a un malfunzionamento della tiroide. Tuttavia, vanno effettuati in ogni caso degli accertamenti. Nonostante la franchigia elevata, Le consiglio di consultare il Suo medico di famiglia. Dopo una visita clinica e il sospetto che si tratti di un gozzo, per rilevarne la grandezza e l’«anatomia» egli ordinerà una risonanza magnetica che probabilmente sarà eseguita mediante una piccola paracentesi. Qualora non sussista un ingrossamento della tiroide è consigliabile rivolgersi a uno specialista ORL (otorinolaringoiatra) per escludere altre cause dei problemi di deglutizione.

Ci ha anche scritto che molti anni fa a Sua nonna era comparso un gozzo e che non è chiaro se all’origine dell’ingrossamento della tiroide vi fosse un tumore. Dal 1922, in Svizzera viene attuata un’ottima profilassi iodica per prevenire il gozzo che a quei tempi, a causa della carenza di iodio, era una malattia frequente già nei bambini. Grazie al sale iodato, oggi questo problema è stato estirpato. Esiste però un’altra forma molto frequente di gozzo benigno basato su fattori di genetica molecolare e che in certe famiglie è più frequente. Come ho già avuto modo di spiegare, questo diffuso tipo di gozzo è benigno. Vanno però necessariamente effettuati accertamenti per escludere con assoluta certezza che non si tratti di un tumore.



Domanda di Pavone:
Buongiorno,
finora, ovvero da alcuni mesi, non mi è stato rilevato più alcun tumore (carcinoma papillare della tiroide pT3 N0M0). Ora ho un TSH dello 0,3 circa. C’è il rischio di una ricaduta? Molte grazie.

Risposta del Professor Seiler:
Buongiorno Pavone,
sono molto contento del fatto che non si siano più rilevati tumori nel Suo concreto caso.
Ci scrive di avere contratto un carcinoma papillare della tiroide e vorrebbe saperne di più in merito alla prognosi. In base alle pochissime informazioni che ci ha fornito, posso darle solo una risposta generalizzata:
Il carcinoma papillare della tiroide fa parte delle malattie tumorali della tiroide più frequenti e al contempo è uno dei tumori meno aggressivi (meno pericolosi) che ci siano. Possono essere trattati con la chirurgia e in aggiunta anche con lo iodio radioattivo.
Come per la maggior parte delle malattie tumorali, la prognosi non dipende soltanto dalla classificazione TNM, ma viene influenzata anche dalla classificazione citologica (sottospecie citologica) del tessuto della tiroide malato. Inoltre, la prognosi per i pazienti di età inferiore ai 45 anni è migliore di quella per i pazienti più anziani.
In generale, posso dire che nelle persone affette da un carcinoma papillare della tiroide il tasso di sopravvivenza a lungo termine è molto elevato. Per riconoscere e curare tempestivamente una recidiva, si rendono tuttavia necessari regolari controlli in intervalli da 6 a 12 mesi che vanno preferibilmente effettuati da un istituto o un medico specializzato. Questi esami successivi comprendono una visita del corpo, una risonanza magnetica della gola e una misurazione dei valori di laboratorio relativi alla tiroide (nel sangue). All’occorrenza, ulteriori accertamenti, quali scintigrafia e agobiopsia ecc., possono fornire informazioni supplementari. Per sopperire a una scarsa o mancata produzione ormonale della ghiandola tiroidea, le persone interessate dalla malattia devono assumere per tutta la vita la tiroxina sotto forma di pillole.

Un TSH di 0,3 è un valore di riferimento basso o normale e non ha alcun effetto sulla prognosi.

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